"Partito senza chiusure settarie", Spadolini, 1981 Partito vecchio, e sempre nuovo. Partito aperto, aperto alle classi che emergono, ai ceti emergenti. Partito senza chiusure settarie e senza residui teologici. Partito che non dovrà più dividersi fra "ministeriali" e non ministeriali, fra governativi e no (secondo una vecchia tradizione connessa al socialismo piuttosto che a noi). Partito capace di ripensare, e di rivedere, tutta la tematica costituzionale, senza indulgenza alcuna alle facili ingannevoli suggestioni della modellistica o dell’ingegneria costituzionale. Partito, il solo degno di rilanciare il patto sociale, la convergenza di lavoratori, imprenditori e Stato intorno ai problemi di sviluppo di una società travagliata da squilibri, e ingiustizie, e tensioni tali da distruggere tutto, se non aggrediti e risanati in tempo. Partito che ha una sua radice nel sindacato, una sua connotazione popolare inestinguibile; che ha un suo movimento cooperativo, in cui si riflette una storia e rivive tutta una tradizione di lotte secolari; che ha agganci con la società civile, con la cultura, con l’università, in misure non calcolabili secondo le leggi del tesseramento. Partito che interpreta i valori del merito, della competenza e della professionalità; secondo l’interpretazione della nostra carta costituzionale, che è insieme progressista e meritocratica. Partito che può passare attraverso tutte le tempeste della questione morale senza aver niente da temere: modello anche nella sua artigianale gestione interna, mai abbastanza povera, rispetto a tutti gli apparati figli della corruzione. E la nuova "Voce Repubblicana" dovrà essere e restare povera, come i giornali di Dario Papa, di Arcangelo Ghisleri o di Giovanni Conti. |